L'abbondono dell'armatura

Mi voltai e mi vidi dentro, curiosa di ciò che era nato grazie a quella collisione interiore, quella fusione nucleare. Il cambiamento che proviene dalla propria scoperta interiore è sempre stato per me un momento sacro, da vivere con ponderazione.

Nel cambiamento trovavo sempre profonde e dolorose opportunità. E nella sofferenza dell'abbandono del vecchio sé, ho scoperto la più grande bellezza: la tenerezza della vulnerabilità. Quel momento in cui sei costretto a guardarti con oggettività e compassione, e questo, in fondo, è l'atto d'amore più grande che puoi fare verso te stesso: osservarti, accettarti e medicarti. Come quando, con un piccolo cerotto cerchi di fermare un sanguinamento che sembra non voler guarire... È una ristrutturazione profonda, un cammino verso il tuo destino. E tu sai, che non basta un semplice cerotto. Quello è il momento in cui decidi chi sei, dove ogni scelta pesa, soprattutto quelle giuste.

Riconoscere le mie debolezze non era mai stato il mio forte. Anzi, facendo finta che non esistevano vivevo sicuramente meglio. Ma non si scappa da ciò che hai dentro. Paradossalmente, ciò che mi agitava era proprio ciò che stavo imparando ad apprezzare. La vulnerabilità che avevo sempre visto come una debolezza, si rivelava essere un cammino segreto verso una libertà sconosciuta. Guardarmi in faccia, comprendere questa verità, non è stato facile. Non c'è bellezza e gloria, se non c'è vulnerabilità.

 

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